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“Jane Jacobs here, from Greenwich Village_NY”

20 Feb


 

..instancabilmente idee come il grande isolato, l’unità di vicinato, il piano non modificabile, e il verde, il verde, il verde. La concezione di Le Corbusier aveva quindi tutte le carte in regola, dal punto di vista umano come da quello della funzionalità urbana. Visto che il grande scopo dell’urbanistica era di permettere alla gente di andare saltellando per i prati come folletti, quale accusa poteva essere mossa a Le Corbusier?

(Vita e morte delle grandi città, di Jane Jacobs, 1961)

Scritto da Carlo Olmo nella prefazione dell’ultima edizione italiana del libro:
“Forse gli aspetti ancor oggi più interessanti di The Death ad Life e del lavoro di Jane Jacobs sono proprio nella riaffermazione della possibile autonomia dello spazio da un tempo (e da una storia) che sono diventate previsioni e prescrizioni, improbabili mappe mentali, non solo cartacee o computerizzate: luoghi di un’organizzazione condivisa, ma non tradotta in norme, che appare in grado di contrastare chi crede di rendere lo spazio urbano trasparente, nel XVIII secolo si sarebbe detto parlante, e omologo.”

http://www.de-architectura.com/2010/01/jane-jacobs.html

 

Magari mi avessero imposto Jane Jacobs fin anche all’Università! Avrei potuto sperare di avvicinarmi da tempo a quelle voci ribelli (ma geniali) che spesso popolano in sordina il corso della storia umana!!  E’ chiaro che la sua idea è condivisibile da tutti coloro che hanno a cuore la rinascita del disegno urbano delle città tradizionali, non in senso stilistico ma in quanto luoghi della socialità e della complessità delle relazioni tra i cittadini. E’ chiaro che la complessità dell’uomo, quindi le sue relazioni con il circostante, implicano un intelletto estremamente eclettico e  perspicace, per essere comprese, cosa che spesso non sono i nostri politici, professori e impiegati pubblici di ogni genere..ed é ancor più vero che i libri della Jacobs raccolgono l’esperienza delle strade come luoghi parlanti, dove la commistione di tutte le funzioni urbane e le scienze umane rappresentano la riaffermazione di una possibile autonomia dello spazio da un tempo (gli anonimi inquilini di Rivington Street, sono anche portavoci della integrazione razziale e di quella tra classi sociali diverse, tema purtroppo avulso da qualunque specifico spazio-temporale). E, vorrei aggiungere, che la Jacobs prende di mira grandi nomi (Le Corbu è un artista, mai semplicemente architetto, promotore di modernità ma anche di calcestruzzo armato a grandi dosi..alla faccia del verde, verde, sempre più verde), grandi personalità citandoli nei suoi testi, puntando proprio a loro come gli effettivi esecutori di un ordine più forte,che magari è gerarchico, che sempre lavora schiavo per il denaro…Non a caso, proprio Jane Jacobs scriveva anche di sistemi economici e ricchezza, esaltando la città e anticipando la concezione (scientificamente provata) che vivere in città è più sostenibile che viverne fuori.

Jane Jacobs, è una giornalista e non architetto o urbanista e nemmeno sociologo. Non aveva un titolo di scuola media superiore, e si dice fosse stata una pessima studentessa. L’unica, ad oggi, biografia di Jane Jacobs è stata scritta da una tale: Alice Sparberg Alexiou, nel 2006.

How Jane Jacobs Became Jane Jacobs (USA, 2006)